Anche nelle attività di management è interessante chiedersi se esista sempre la possibilità di trovare una “terza via”. Come ci insegna il filosofo greco Parmenide tra l’essere e l’apparire c’è spesso una terza via, che è una combinazione delle due e si pone in modo originale tra le due. D’altra parte, questa terza via non può essere solo l’apparire, poiché l’apparire non può esistere senza l’essere, ma questa terza via è anche qualcosa di diverso rispetto all’essere.

In alcuni casi mi era già sembrato di poter individuare qualcosa che sembrava essere una terza via all’attuazione della strategia: l’elaborazione della mappa strategica, nell’ambito della predisposizione di una più ampia Balanced Scorecard. Le quattro prospettive rilette alla ricerca delle relazioni causa-effetto tra variabili. Scrivevo nella Prefazione di quello che era il secondo volume dei cinque che Kaplan e Norton hanno poi dedicato alla Bsc (pag. xiv): “resta un fatto: qualsiasi sia la scuola alla quale si decida di aderire per la fase di formulazione della strategia, la mappa strategica suggerisce una soluzione intermedia tra il piano strategico e la più ampia libertà creativa, al problema della realizzazione della strategia”.

Così spesso si cerca e si trova una “terza via” poiché i due approcci estremi mostrano in alcuni casi dei limiti oggettivi. Una terza via indicata più di recente dalla letteratura è quella proposta da Roger Martin e Jennifer Riel con il concetto di pensiero integrativo. Nel processo decisionale razionale e a “razionalità illimitata” evidenziati da Simon esiste una strutturazione in fasi: è l’approccio “convenzionale”.

C’è poi in contrapposizione un approccio completamente destrutturato che non segue le quattro canoniche fasi del processo decisionale ed è quello che per decisioni “normali” siamo sempre pronti ad applicare.

Conventional Versus Integrative Thinking

Infine c’è il pensiero integrativo che riprende pur sempre le quattro fasi ma le caratterizza per una ampiezza di pensiero quasi da processo destrutturato. Ecco così che si delinea, tra i due estremi, la “terza via”. Questo contributo era stato preceduto nel 2007 da The opposable Mind (Harvard Business School Publishing, 2009) e si chiude con il più recente: A new way to think (Harvard Business School Press, 2022) già segnalato nel nostro Blog.

Ma lo stesso studioso Roger Martin aveva anche offerto poco prima una serie di riflessioni innovative proponendo l’applicazione dell’approccio Design Thinking all’area della formulazione della strategia: The design of Business. Why Design Thinking is the next Competitive Advantage (Harvard Business School Press, 2009).

Anche in questo libro c’è una “terza via”? Sembrerebbe proprio di sì, recuperando per la sua centralità nel pensiero strategico il “pensiero progettuale”, quello dei designer; si recuperano due aspetti di assoluto rilievo per la strategia: la creatività e la sperimentazione applicativa (che a livello progettuale coincide con la fase di prototipizzazione). Insomma negli ultimi vent’anni in molte aree del management si sono trovate delle occasioni per proporre soluzioni che rappresentavano una costruttiva esemplificazione di una possibile “terza via”. Nell’epoca in cui i paradossi opposti sono da accettare, la logica, come suggeriva già il grande vecchio della London Busienss School, Charles Handy, diventa per molte soluzioni alternative nel modo di fare management: e…e e non più o…o. Aumentano anche le possibili sfumature di nero.

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