Connettersi: è questo il suggerimento che ci viene offerto da Pier Luigi Celli, che stimo anche perché ho avuto il piacere di conoscerlo trent’ anni fa quando era il direttore del personale in Eni. In quell’occasione, all’epoca lavoravo in Sda-Bocconi, gli proposi gli undici temi ondata che a nostro avviso avrebbero dovuto caratterizzare le attività di General Management. Di questi undici temi discuteremo in un blog della Rubrica My opinion is. Qui semplicemente ne elenchiamo alcuni solo per enfatizzarne l’ancora rilevante centralità: comunicazione, internazionalizzazione, gestione delle persone, leadership.
Qui si deve invece sottolineare la rapidità con cui si evolvono alcuni fenomeni legati alle tecnologie. Per le imprese nel 1991-1992 la connessione non era ancora un problema strategico- organizzativo, ma iniziava ad essere più che altro un problema tecnologico. È infatti nel 1991 che viene proposto al mondo da Tim Barnes il World Wide Web (WWW), e vengono introdotti i concetti di siti web e browser. Da quel momento le aziende in misura crescente, per non dire esponenziale, hanno dovuto essere connesse con il mondo e per esserlo hanno dovuto contare su persone che a loro volta fossero connesse tra loro e con il mondo. Ma questa idea abbastanza semplice non è così diffusa nella prassi e nonostante i progressi dell’ultimo decennio, con la digitalizzazione forzata, c’è ancora molto da fare. Ed eccoci qui al libro di Celli che risulta particolarmente utile sia per capire cosa si può fare per predisporre un’azienda connessa e perché è importante che un’impresa riesca a sviluppare tra i propri collaboratori un’intelligenza collettiva.
Per muoversi verso quest’intelligenza collettiva, oltre ad un ricorso alle connessioni rese possibili dalle tecnologie, ci saranno le “contaminazioni”, frutto di incontri che nel vissuto aziendale dal quale proveniamo erano come frutto degli “incontri ravvicinati del terzo tipo”. Si scopre invece che erano colleghi in azienda, anche validi, ma con i quali non solo non si collaborava, ma talvolta neanche si dialogava. Il perché sia fondamentale dare spazio alle connessioni l’autore lo stigmatizza molto bene con il titolo dell’introduzione: “perché non possiamo morire di organigramma”.
Le proposte per cercare di non farci morire sono numerose e presentate in forma chiara e diretta, tanto da far apparire la Post-fazione di Gianni Rebora, l’organizzazione smarrita, come una efficace sintesi di quanto proposto nelle pagine del libro. Nei prossimi Blog andremo alla ricerca di queste ed altre soluzioni per le nuove organizzazioni, un po’ destrutturate, un po’ “pazze”, ma sicuramente molto più attente alle persone rispetto al passato. Era necessario che le tecnologie richiamassero l’attenzione su quali nuovi ruoli le persone dovranno svolgere in quella che viene chiamata “la realtà aumentata”. Celli in passato, forte delle sue esperienze aziendali, ha proposto numerose letture delle realtà aziendali italiane, in alcuni casi anche un po’ “crude” ma ahimè realistiche. Prima tra questi contributi quello che si chiedeva se la formazione manageriale per i vertici delle imprese italiane fosse un’utopia (1991, Ediz Olivares). Sembrava proprio di sì. Mentre alla Harvard Business School e alla Columbia University si svolgeva da tempo l’Advanced Management Program, con un’età media in aula sopra i 50 anni. Un’ ipotesi di aula da noi purtroppo ancora oggi sicuramente fantascientifica. L’unico ad esserci riuscito con sistematicità è stato lo Studio Ambrosetti.
Simili progetti formativi, così come il Progetto “connessioni”, definito dallo stesso Celli un progetto ad utopia controllata, sono difficili da realizzare, ma noi non possiamo non crederci. È necessario con un po’ di creatività che si trovino le soluzioni concrete per realizzarli. Pena un’arretratezza sul piano della cultura organizzativa che ci è già costata l’incapacità di gestire meglio un patrimonio cultura generale che in altri Paesi non hanno e, invidiandoci, si guardano bene dal ricordarcelo.
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