Siccome ci siamo dimenticati della Scuola delle Relazioni umane, Humanocracy, la proposta di Hamel e Zanini ci sembra quasi rivoluzionaria. In realtà l’idea di mettere al centro delle organizzazioni le persone è più volte ritornata nella letteratura di management. Tra i primi vi fu Douglas McGregor (1960), poi Rensis Likert (1967) e più di recente Henry Mintzberg (2009). È chiaro che questa visione è profondamente democratica, anzi è quasi al limite di un approccio catto-comunista.
Tutte le persone dovrebbero essere stimolate ad assumere comportamenti imprenditoriali e dovrebbero essere coinvolte nei vari processi critici della gestione: da quello strategico, a quello di direzione della gestione operativa, nelle loro fasi decisionali, attuative e di controllo-revisione. È chiaro che con quest’approccio si va a rivedere il ruolo del dipendente che tende verso quello dell’azionista, anche se magari con una percentuale anche contenuta. La parola chiave diventa “condivisione”, che presuppone da un minimo ad un massimo di coinvolgimento delle persone nella gestione. Ci sono esperimenti in questa direzione e oggi le società Benefit insieme alle B-Corp sembrerebbero proposte che tendono ad andare in questa direzione. Per il momento nella definizione degli scopi (purpose), più avanti in una sempre più definita categorizzazione degli stakeholder e dell’attenzione che si dovrebbe prestar loro.
È secondo questa logica che negli ultimi anni ho avuto l’opportunità di accompagnare alcune imprese, sia dell’area pubblica che di quella privata, nell’impostazione di una Sustainable Balanced Scorecard. I risultati che sono sottesi a questo strumento sono: quelli classici eco-fin, ma anche quelli sociali (personale interno e socialità esterna) e di impatto ambientale. Per non parlare dell’idea di “shared value”, proposta anche da Michael Porter, la cui creazione dovrebbe diventare l’obiettivo in base al quale valutare le performance aziendali.
Per capire in cosa consiste la proposta di Humanocracy è sufficiente iniziare da un suo confronto con il suo opposto: la Burocrazia (il confronto è tratto dal libro pag. 4). Si evidenziano i due stremi di un continuum e le combinazioni possono far propendere verso una struttura o l’altra. Le 7 dimensioni sulle quali riflettere sono:
Inoltre, i due autori propongono alla fine del volume un bell’esperimento: quello di verificare attraverso un questionario (clic a questo link) quanto siate inseriti in una struttura Burocratica e quanto questa sia “consolidata” rispondendo a questo questionario proposto da Hamel e Zanini. Se il punteggio che conseguite è poco distante dallo zero siete tendenzialmente una Humanocracy. Se il vostro punteggio sale è perché più siete inseriti ed imprigionati in una struttura burocratica.
Meditate gente, meditate.
Per tendere verso una Humanocracy si tratta di seguire i suggerimenti e riflettere sui casi riportati nel libro di questi due studiosi, ma ci torneremo ancora anche nel nostro Blog.
MCGREGOR D., The Human Side of Enterprise. McGraw Hill, 1960. Trad. It., L’aspetto umano dell’impresa. Franco Angeli, 1980
LIKERT R., The Human Organization: Its Management and Value, Mc Graw Hill, 1967. Trad. It., Il fattore umano nella Organizzazione. Isedi, 1971
MINTZBERG H., Rebuilding Companies as Communities. Harvard Business Review, July-August 2009
HAMEL G. – ZANININ M., Humanocracy. Harvard Business Review Press, 2020
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