Se ci riflettiamo, possiamo intuire che le tradizionali soluzioni di management dovranno essere adattate al contesto in cui ci troveremo ad operare nel dopo Covid-19. Tra queste, anche per le esigenze dettate dalle distanze sociali di sicurezza sanitaria, vi sarà un ricorso allo smart working. E questo in misura ancora maggiore rispetto a quanto realizzato in questi primi mesi di “isolamento sociale” (lockdown) e in futuro un ricorso talmente elevato da far pensare alla trasformazione, almeno in alcune realtà, in imprese “virtuali”.

Quest’idea viene da lontano. Di impresa virtuale si inizia parlare nei primi anni ‘90: e anche le caratteristiche di quest’impresa sono state già state delineate, per non ritrovarsi in azienda con figure, che già trenta anni fa venivano simpaticamente etichettate da D. Ettinghoffer (L’impresa virtuale, Muzzio Editore, 1992), “burosauri”.

Due contributi di allora che ci aiutano a capire le caratteristiche di questo nuovo modello di funzionamento di un’impresa. Sono quelli di Charles Handy dal titolo Trust and the Virtual Organization (Harvard Business Review, 1995) e di Giorgio Merli e Cesare Sacccani “L’azienda olonico-virtuale. Un’opportunità storica per la piccola e media impresa” (Sole 24 Ore Milano, 1994). Quest’ultimo lavoro, scelto tra i molti apparsi in quegli anni, aveva due elementi qualificanti: il fatto di basarsi su alcune evidenze empiriche e di far riferimento alla realtà italiana. La proposta pertanto non è solo diretta alle soluzioni all’interno di singole realtà aziendali, ma all’opportunità che le tecnologie facilitavano di creare reti di imprese.

L’articolo di Charles Handy invece offriva dei suggerimenti pragmatici legati al fatto che “solo la fiducia crea l’azienda virtuale”. Per creare questo clima di fiducia, secondo questo studioso della London Business School, vi sono 7 princ^pi cardinali. Quelli su cui si deve basare la fiducia. Questi 7 princìpi ci sembrano talmente utili da riproporli alla vostra attenzione:

1. La fiducia non è cieca. Le persone vanno valutate molto attentamente nella fase di recruitment e l’analisi dei loro valori e della consonanza con i valori aziendali è un elemento rilevante;

2. La fiducia deve avere dei limiti. “Con il termine fiducia, le organizzazioni intendono in realtà il poter fare affidamento sulla competenza di qualcuno e sul suo impegno verso un obiettivo. Una volta definito quell’obiettivo, l’individuo o la squadra possono essere lasciati soli a confrontarsi con esso.”;

3. La fiducia ha bisogno di apprendimento, sui contenuti e sulle soluzioni tecnologiche;

4. La fiducia è severa nel selezionare. Quando si scopre che la fiducia è mal posta le persone devono essere cambiate;

5. La fiducia ha bisogno di garanzie, dando messaggi di integrazione e collegamento tra gli obiettivi delle attività svolte dai singoli e il complessivo disegno strategico (missione e intenti strategici);

6. La fiducia ha bisogno di “contatto”. Come direbbe J.Naisbitt: “high Tech, high Touch” per cui è opportuno ricorrere a molte occasioni di contatto se si vuole costruire un’organizzazione ad elevata fiducia;

7. La fiducia ha bisogno di leader e i leader, anche per uno stesso team di persone, possono essere diversi nei diversi momenti di attività del team;

Da ultimo, non bisogna dimenticare che la mancanza di occasioni di contatto fisico (molto ridotte e a distanza sociale) genera la necessità di avere un costante e frequente richiamo alla fedeltà reciproca: la persona dà, ma deve anche ricevere. Aumentano le esigenze di nuovi indicatori di performance incrociati: cosa si sta dando all’azienda e come l’azienda sta apprezzando il contributo dato dei singoli.

Ma il diffondersi delle imprese virtuali avrà altre ripercussioni: sulla vita dei singoli, eliminando i tempi dedicati a raggiungere e a lasciare il posto di lavoro e i connessi costi casa-azienda e viceversa; sul contesto sociale in generale minimizzando i costi legati alla mobilità pubblica e gli eventuali costi legati a incidenti lungo i tragitti percorsi per lavoro; per le imprese si ridurranno tutti i costi da presenza fisica dei collaboratori, dall’utilizzo degli spazi fisici (mq di ufficio occupati) alla mensa o ai buoni pasto. E questi sono gli aspetti più evidenti, quelli che vengono in mente subito.

Di converso, verrà a mancare la socialità che ha caratterizzato e caratterizza ancora il lavoro in azienda? Si sarà un po’ più soli? Questa è sicuramente una possibile ripercussione negativa, ma si può in parte contenere. Per ridurre questa sensazione potrebbe essere opportuno prevedere dei momenti collegiali sul web, dove dare trasparenza anche al complessivo disegno del business model aziendale: capire che ruolo si ricopre nel business model e quali sono le relazioni con le altre persone dell’azienda virtuale. E poi, Covid-19 permettendo, si troveranno occasioni per avere momenti collegiali con contatto fisico. Ma in questi primi mesi queste occasioni saranno a livello lavorativo in progressiva contrazione e bisognerà accontentarsi dei web meeting. Anzi, questi sono indispensabili con i dipendenti, ma non sarebbe male mantenere delle relazioni on line anche con i propri clienti.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay