Nel concludere la mia passeggiata tra le pagine della Sloan Management Review (Smr) del Massachusetts Institute of Technology, alla ricerca di contributi sui temi dell’innovazione e dell’AI, mi sono imbattuto in alcuni studiosi che, pur non essendo Mit, pubblicano spesso sulla loro rivista. Uno di questi è Julian Birkinshaw con un articolo che richiama molto il suo stile coinvolgente Will AI Disrupt Your Business? Key Questions to Ask (Smr April 2025). Domande inquietanti con risposte tranquillizzanti: la disruption si può evitare, ma a patto di valutare alcune cose. Tra queste, la prima secondo Birkinshaw, è il differente impatto delle tecnologie sulle attività dalle quali si ottengono prodotti fisici e non intangibili. Per le realtà del primo tipo l’impatto della AI potrebbe portare a soluzioni disruptive. C’è poi un’altra considerazione da fare ed è porsi una domanda: con l’AI alcune attività potrebbero non avere una loro giustificazione in termini economici e quindi non potrebbero più essere vendute. In proposito vengono in mente alcune attività manutentive o anche altre nell’area burocratico-amministrativa. Con la tecnologia il loro impatto diventa minimo.
L’articolo, seguendo questa strada, diventa stimolante e non ci si ferma. Vengono proposte altre otto domande. Tutte le questioni posto dal docente della London Business School sono destinate a scavare e far luce intorno alla domanda centrale: che ne sarà del mio business con il diffondersi dell’AI? Cosa cambierà? Quali attività avranno più peso e quali meno? Per comprendere la rilevanza di queste questioni si pensi a come cambierà l’attività del giornalista, del consulente e di chi fa formazione,
Così qualcuno, come all’Mit, ha già fatto innovazione nei materiali didattici per comunicare le principali novità in tema di management dell’innovazione. I Toolkit sono arrivati anche sulla sponda nord del Charles River, quella più verso Boston, e non molto distante dalla Harvard Business School che si trova nel quartiere di Allston. E anche qui l’innovazione nell’executive education sta squilibrando il rapporto tra iniziative in presenza e online, a favore di queste ultime e sta facendo scoprire nuovi strumenti, anche se al momento l’idea di una superiorità delle attività in presenza rimane solida. Forse è anche merito della più che mai consolidata didattica dei “case studies”. Anche l’Mit propone i suoi Toolkit e con coerenza li propone sui temi più vicini. Questo toolkit che ha il grosso pregio di avvicinare operativamente le persone alla realizzazione di proposte sviluppate con la GenAI è curato da George Westerman, docente Mit. Nel toolkit ci sono articoli, lezioni di Westerman e materiali (Framework deck, GenAI Strategy Checklist) utili per rendere immediatamente operativi gli aspetti Strategici della GenAI. C’è anche del materiale per elaborare dei piani relativi all’introduzione e allo sviluppo di strategia di GenAI. Per chi fosse interessato ad approfondirne i contenuti segnalo il link al breve video con cui il curatore presenta il toolkit.
Infine l’ultimo articolo che propongo estraendolo dal cilindro è una garanzia di qualità anche per il nome degli autori. In particolare tra loro c’è Davenport che ormai da trent’anni propone letture interessanti di fenomeni come i processi e che suggerisce cinque trend che caratterizzeranno l’AI in questo 2025. Nel loro Five Trends in AI and Data Science for 2025 (Smr January 2025) indicano come primi cinque principali trend:
1. L’agentizzazione dell’AI dove l’agente attiverà AI sempre più autonome
2. La necessaria misurazione e valutazione di quanto fatto con la generative AI
3. Quanto sia diventata realtà nelle imprese una cultura data-driven
4. Come andare a reperire anche i dati non strutturati di cui la genAI ha bisogno
5. La necessaria definizione di chi a livello organizzativo dovrà essere responsabile dell’AI
Ognuno di questi trend e la loro evoluzione condizioneranno i tempi con i quali le imprese potranno avvalersi dell’AI, che renderà sempre più critica e più o meno vera l’affermazione Informazione=Potere che, nel 1973, mi aveva un po’ inquietato per la sua allarmante veridicità e che era stata proposta allora da S.C. Blumenthal in Il sistema informativo (Isedi). Con l’ampliarsi delle informazioni facilmente condivisibili forse questa relazione si attenuerà. Si andrà verso una informazione diffusa e facile da acquisire, e questa situazione forse il nuovo problema diventerà quello di verificarne la veridicità.
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