Per il momento a scrivere sono ancora le persone. Quel che è interessante notare è che talvolta le “regole anche non scritte” sono quelle che hanno fatto la storia. Ma anche qui per fortuna sono ancora gli individui a svolgere un ruolo centrale. Che sia un’azienda o che sia una Nazione ci possono essere delle regole non scritte che ne condizionano le azioni e i risultati. Questo vale sia in negativo che in positivo. Ed emerge anche da alcune ricerche sulle quali si ritiene interessante richiamare la vostra attenzione.

Nel formarsi di queste “regole non scritte” valgono i valori delle persone ed in particolare quelli delle persone al vertice, nonché la loro idea di cosa cercano gli altri nelle relazioni interpersonali. Ad avviarci su questa strada sono stati i lavori di Douglas McGregor, quando prospettava la diversa visione che si poteva avere della motivazione al lavoro delle persone. Molte di queste regole non scritte vanno a creare la cultura di un’azienda. E questa poi condiziona comportamenti e risultati conseguiti dalle diverse realtà aziendali. Hanno poi approfondito il ruolo della cultura sul comportamento nelle organizzazioni Heskett e Kotter e poi Schein dell’MIT e infine l’olandese Geert Hofstede. In particolare, lo psicologo olandese Geert Hofstede fa di più. Ci ricorda come le differenze culturali condizionino anche la capacità di applicare alcune attività che caratterizzano il management, con alcuni suoi strumenti. È riconosciuta la difficoltà degli italiani a pianificare e l’accezione negativa che per noi connota la parola controllo, intesa spesso come “verifica fiscale”.

Ma da persona attenta alle performance devo ricordare la ricerca condotta ad Harvard da Heskett e Kotter, attraverso la quale hanno tentato di testare la teoria più ampiamente accettata che collega la cultura aziendale alla performance economica a lungo termine. I risultati di questo lavoro di ricerca sono riportati nel Capitolo 2 del loro libro Corporate Culture and Performance. Nella seconda parte del loro studio, hanno testato altre due teorie cultura/performance, questa volta esaminando più in profondità un piccolo sottoinsieme (22) delle 207 aziende originarie. Questo lavoro è discusso nei capitoli 3 e 4. Il capitolo 5 è una descrizione dettagliata di uno di questi casi. Il terzo studio ha esaminato 20 aziende che sembrano aver avuto culture che hanno danneggiato la loro performance economica. I risultati di tale indagine possono essere trovati nel Capitolo 6. L’ultimo studio si è concentrato su 10 aziende che sembrano aver cambiato la propria cultura aziendale nel recente passato e poi ne hanno beneficiato economicamente. Questo studio è discusso nei capitoli 7 e 8; i capitoli 9 e 10 contengono le descrizioni di due di questi dieci casi.

Nel complesso, la ricerca condotta ha evidenziato che:

1. La cultura aziendale può avere un impatto significativo sulla performance economica a lungo termine di un’impresa. È emerso che le aziende con culture che enfatizzavano tutti i gruppi manageriali fondamentali (clienti, azionisti e dipendenti) e la leadership a tutti i livelli hanno sovraperformato rispetto alle aziende che non avevano quei tratti culturali. In un periodo di undici anni, i primi hanno aumentato i ricavi in media del 682% contro il 166% dei secondi, hanno ampliato la loro forza lavoro del 282% contro il 36%, hanno aumentato i prezzi delle loro azioni del 901% contro il 74% e hanno migliorato il loro fatturato netto.

2. La cultura aziendale in questo decennio sarà probabilmente un fattore ancora più importante nel determinare il successo o meno delle imprese. Le culture che peggiorano le prestazioni hanno poi un impatto finanziario negativo per una serie di ragioni, la più significativa delle quali è la loro tendenza a inibire l’adozione dei cambiamenti strategici o tattici necessari. In un mondo che sta cambiando a un ritmo crescente, si potrebbe prevedere che le culture non adattive avranno un impatto finanziario negativo crescente.

3. Le culture aziendali che inibiscono una positiva performance finanziaria a lungo termine non sono rare; si sviluppano facilmente, anche in aziende con tante persone ragionevoli e intelligenti. Le culture che incoraggiano comportamenti inappropriati e inibiscono il cambiamento verso strategie più appropriate tendono ad emergere lentamente e silenziosamente nel corso degli anni, di solito quando le aziende ottengono soddisfacenti risultati sul piano economico. Una volta che queste culture si creano, può essere estremamente difficile cambiarle perché spesso sono invisibili alle persone coinvolte, perché aiutano a sostenere soprattutto la struttura di potere esistente all’interno dell’azienda e gli equilibri creatisi.

4. Anche se difficili da cambiare, le culture aziendali possono essere migliorate, almeno in termini di performance. Tale cambiamento è però complesso, richiede tempo e richiede leadership, che è qualcosa di molto diverso da una gestione da “manuale”. Tale leadership deve essere guidata da una visione realistica di quali tipi di cultura possono migliorare la performance – una visione che oggi sembrerebbe, secondo noi, andare verso la Humanocracy proposta da Hamel e Zanini. Le regole non scritte che dovrebbero caratterizzare quest’approccio sono quelle di far prevalere in azienda una imprenditorialità diffusa, che solleciti la creatività, la capacità di assumersi dei rischi e delle politiche di valutazione e ricompensa basate soprattutto sulla meritocrazia. Il contrario di quello che avviene in ambienti dove prevalgono le logiche burocratiche.

Resta il fatto che, come ci ricorda sempre Kotter, queste “regole non scritte” di qualsiasi tipo siano sono presenti nelle organizzazioni di qualsiasi genere: “incontriamo sempre culture organizzative. Quando non sono le nostre, le loro qualità più visibili e insolite sembrano sorprendenti: l’aspetto del venditore IBM che vestiva in modo classico, l’impegno per l’azienda e per il prodotto espresso dai dipendenti di Honda o Matsushita, l’informalità di Apple e molte altre aziende ad alta tecnologia. Quando le culture sono le nostre, spesso passano inosservate – fino a quando non proviamo a implementare una nuova strategia o programma che è incompatibile con quelle regole e quei valori. È qui che possiamo osservare in tutta la sua invasività il potere della cultura”.

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