Non sempre vengono chiamate “reti” (network) ma nei fatti sono soluzioni organizzative molto simili alle reti: gruppi di imprese, consorzi, alleanze strategiche, imprese collaborative ed anche alcune tipologie di associazioni che non funzionano solo per rappresentanza. La caratteristica unificante è: chiamare a lavorare insieme due o più realtà aziendali. Si supera il modello distrettuale puro nel quale esistono relazioni più informali che strutturali. D’altra parte più volte mi è capitato di sostenere che in “ipercompetizione” è opportuna una “ipercooperazione”. È questa una soluzione che si cerca quando: si è dimensionalmente piccoli per affrontare uno specifico “business” (è necessario conseguire delle economie di scala) e/o vi sono delle economie di scopo. Ci spingono in questa direzione e a pensare ad una crescente diffusione del networking alcuni studiosi come Robert Eccles, ormai concentrato sui principi ESG (link al sito di Robert Eccles) ed Enzo Rullani nel nostro Paese. Per questo autore tra i diversi contributi si ricordano per originalità dei contenuti Città e cultura nell’economia delle reti (il libro scritto Stefano Micelli – l’autore di Futuro artigiano – ed Eleonora Di Maria è stato pubblicato da Il Mulino, Bologna 2001) e il libro Il maestro e la rete. Formazione continua e reti multimediali, scritto con Giovanni Costa (Etas Libri, Milano 1999) sull’esperienza del Cuoa, Business School di Altavilla Vicentina per una diffusione della formazione nel Veneto. In particolare, per le piccole e medie imprese il modello a rete potrebbe essere la soluzione a una serie di mali cronici che si pensava potessero essere superati con i soli distretti e la vicinanza ad un’area metropolitana di grande densità. Ma non è così, come si può evincere dal volume di Rullani e Aldo Bonomi: Piccole imprese crescono, un contributo del 2005. Come scritto nel sottotitolo del loro contributo: fare rete in un’area metropolitana.

Il tema dall’inizio degli anni Novanta, dallo stesso anno in cui nacque la Bsc, è rimasto di grande attualità. Così ancora nel 2013, dopo un convegno all’associazione industriali di Treviso, abbiamo deciso di lasciare una traccia con la pubblicazione del quaderno Reti di impresa, alla ricerca di nuove fonti di vantaggio competitivo, al quale diede un contributo lo stesso Enzo Rullani, il più autorevole relatore in quel convegno.

Durante i dieci anni passati dalla pubblicazione di quel lavoro abbiamo assistito alla crescita del fenomeno “Imprese a rete”, grazie al supporto Confindustriale, anche se l’individualismo di alcuni nostri imprenditori ne ha limitato una diffusione ancora maggiore. D’altra parte la Rete è chiamata a perseguire almeno uno di questi scopi:

a. quei volumi che da soli non si riescono a fare (gruppi di acquisto con sconti da volumi),

b. quelle attività strategiche, ma che possono essere realizzate in modo efficace ed economico solo da parte di quelle realtà (investimenti troppo elevati),

c. completamenti di gamma, mettere insieme un’offerta di prodotti/servizi che da soli non si sarebbe in grado di fornire (come Five for foundry, una delle prime reti concretamente realizzate eil analizzate nel volumetto Reti di impresa).

La creazione e poi il funzionamento di una Rete sono infine caratterizzati da alcuni passaggi critici:

1. la definizione del suo scopo (purpose) e delle strategie per perseguirlo,

2. la scelta delle soluzioni giuridico-societarie da effettuare ed attuare, con l’individuazione dei “desiderati “equilibri tra i partecipanti alla Rete,

3. la messa a punto di un modello organizzativo (strutturane e meccanismi operativi adeguati alle scelte effettuate.

In particolare è opportuno che la Rete abbia una strategia chiara e condivisa, che ricordi il motivo per il quale è stata creata. Quanto determinate cose si possano fare solo con la creazione di quella specifica Rete. Le scelte giuridico-societarie, invece, riguardano il funzionamento normativo della Rete. Resta solo da enfatizzare l’esigenza di una testa pensante al vertice, nella quale sono coinvolte le imprese chiamate a far parte della Rete. La puntuale definizione di questa persona è dettata dall’unità di indirizzo che quest’alleanza deve avere. La persona è opportuno che sia votata all’unanimità. Così proprio questa esigenza suggerisce di avere un numero contenuto di imprese che partecipano alla rete stessa. Resta la constatazione che la Rete è una possibile soluzione per “diventare grandi rimanendo piccoli” e, sempre in termini relativi, questo talvolta è strategicamente perfetto. Chi l’ha detto che si è bravi imprenditori solo diventando “dimensionalmente grandi”?

Per un cambia-mente (*)

Termine mutuato dall’accattivante titolo del libro dello psicologo italiano Giovanni Siri Cambia-mente una nuova mentalità per guardare al futuro (vedi post Ognuno ha il suo Siri).

Il cambia-mente diventa più incisivo se si avvale di approfondi-menti:

Robert Eccles – Nitin Nohria (1992) (Edited by) Networks and Organization, Harvard Busienss School Press, Boston. Una raccolta di 19 contributi per un volume di 533 pagine, con una Introduzione di Nitin Nohria, che si interroga su quanto la prospettiva network sia utile per gli studi di organizzazione, con la conclusione che la sua diffusione sarà massima quando le condizione competitive la renderanno strategicamente indispensabile. Il saggio conclusivo è di R. Moss Kanter e Robert Eccles suona così: Making Network Research Relevant to Practice.

Fiorenza Belussi (1992) (a cura di) Nuovi modelli d’impresa, gerarchie organizzative e imprese rete, F. Angeli, Milano. Con una Presentazione del libro da parte di Patrizio Bianchi (Nomisma) e saggi tra gli altri di Enzo Rullani, di Bennett Harrison (Mit) e di Michael Storper (Ucla).

tra gli strumenti organizzativi da utilizzare si suggerisce, anche per le esperienza applicative vissute in imprese italiane, la Balanced Scorecard. Lo strumento, come ci ricordano in un articolo dell’Hbr, Robert S. Kaplan, David P. Norton and Bjarne Rugelsjoen (2010), Managing Alliances with the Balanced Scorecard, Harvard Business Review – January February, è particolarmente utile per un’efficace gestione strategica delle Alleanze, che voglia partire dalla strategia aziendale: purpose (scopo) – missione – intenti strategici dell’alleanza e approdare ad una attuazione pratica dell’alleanza stessa.

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