Il giudizio è di parte: i numeri sono importanti. Ci dicono quali sono i risultati delle nostre idee e di come le abbiamo realizzate. Alcuni numeri sono però parziali e possono indurre a cadere in errore, a fare valutazioni errate. Uno di questi numeri pericolosamente ingannevoli è il fatturato. Chi mi segue, sa quanto io tenda a sottolinearne i limiti e le insidiose promesse, poi non mantenute, del fatturato e del suo aumento a ogni costo. Queste logiche erano premianti in quello che mi piace definire jurassico. Un’era geologica che non esiste più. Quando i clienti “cadevano nel piatto” e gli incrementi di fatturato erano quasi automatici. Bastava un impegno minimo. Oggi anche piccoli incrementi non sono spesso sufficienti a coprire i maggiori costi sostenuti per ottenere questi contenuti incrementi. Pertanto, penso di dover ribadire la rilevanza di concentrarsi sui margini. Si pensi a titolo di spunto che dal punto di vista dei risultati economici, un fatturato di 5 milioni con un margine del 20% porta a un risultato di 1 milione, che può essere molto più facilmente conseguito, se si ha un margine del 30% con un fatturato di soli 3,4 milioni. Si pensi a quanto si debba correre meno per ottenere il medesimo risultato.

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Con questo, non si vuole sostenere che il fatturato sia completamente da dimenticare: è sicuramente un’espressione di dimensione aziendale, ma non è una grandezza del successo aziendale. Tutto è relativo al mercato che un’impresa serve. La mia opinione è che non si deve diventare grandi come fatturati, ma come marginalità. Sono per una strategia della boutique in contrapposizione alla strategia della Grande distribuzione. Attenzione, un conto è Amazon, e un’altra cosa è uno degli attori della Gdo tradizionale. Le loro redditività si stanno riducendo: non ci sono più i volumi e per di più i clienti vogliono prodotti/servizi personalizzati. Chi tra di voi ne ha paura, non ha capito dove sta andando il mondo. La Gdo tradizionale è il frutto dell’economia dei consumi di massa. Quest’economia non c’è più. Essere grandi perché si realizzano fatturati elevati, ma avere una redditività contenuta significa essere dei giganti vulnerabili, molto vulnerabili. Pertanto, se si ripensa alle leve economiche da voi manovrabili per competere con efficacia in un mercato ipercompetitivo bisogna dimenticare il fatturato e concentrarsi su tre leve:

1. Margini di intermediazione per aumentarli cambiando profondamente il mix di vendita, più si va su prodotti che han tutti, più sarà battaglia sui prezzi.

2. Flessibilità organizzativa resa possibile dalle tecnologie digitali, a partire dalla gestione dei magazzini.

3. Capacità di generare autofinanziamento per poter essere autonomi nella crescita e negli investimenti, concentrati in due variabili, persone e tecnologia e non nel fatturato.

Alcuni casi aziendali hanno poi evidenziato un risultato inaspettato e gradito: manovrando queste tre leve in modo strategicamente corretto il fatturato è aumentato unitamente ad un aumento dei margini. Certo, bisogna andare a ricercare prodotti innovativi, come quelli legati alla green economy, e segmenti nuovi di clienti, diversi dai tradizionali artigiani e più vicini alle imprese di ristrutturazione, a geometri e architetti. Questi ultimi potranno essere gli «
intermediari commerciali del futuro. Certo, tutte queste riflessioni sono espressione della caratteristica del nuovo contesto ambientale in cui ci si trova a operare: l’ipercompetizione che spinge verso una elevata complessità gestionale. Un contesto ipercompetitivo, infatti, è caratterizzato da un ambiente turbolento con eventi ad alto impatto difficilmente prevedibili, un numero di concorrenti che non diminuisce negli anni ma può addirittura aumentare, un cliente in costante evoluzione e sempre più difficile da soddisfare. Oggi, per esempio, il cliente vuole prodotti che creino emozioni e a contenuto impatto ambientale. Insomma, ci sono molte opportunità sul mercato, ma bisogna cercarle e soprattutto bisogna evitare di seguire due strade pericolosissime, che sono quelle di affermare:

a. “abbiamo sempre fatto così”, ma oggi il mercato non è più così;
b. “così fan tutti”, mentre oggi bisogna fare cose diverse, bisogna cercare di essere unici e difficilmente imitabili.

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