Stefanie Fernandez sulle pagine di Harvard Business Review nel numero di inizio anno propone, e questa proposta mi piace, tre libri la cui lettura potrebbe aiutare a capire come riuscire a mantenere i buoni propositi con i quali si affronta il nuovo anno.

I 3 libri sono:

Big Goals di Caroline Adams Miller, quello sulla vetta più alta,
Tiny experiment di Anne-Laure Le Cunff,
Reset di Dan Heath,
sulle due montagne più insidiose.

Nel primo libro l’autrice mette in guardia dalla tecnica Smart Goals (che sta per Specific, measurable, achievable, relevant and time-bound) poiché talvolta spinge a definire goals poso sfidanti; inoltre suggerisce come caratterizzare il processo di definizione dei goals, (parla addirittura di science) e suggerisce in proposito di sceglierne pochi e che abbiano le caratteristiche di Big Goals.

Nel secondo le Cunff presenta una serie di fogli di lavoro e sposa l’approccio dello psicologo Hugo Kehr per suggerire tre check mentali che dobbiamo fare per sostituire le tempistiche rigide con una “sperimentazione fluida”: dall’ansia alla curiosità, dalle scale fisse ai “loop di crescita” e da un risultato all’altro.

Invece di pensare al tempo quantitativo, suggerisce di considerare il tempo qualitativo, soprattutto se si stanno registrando esperienze soddisfacenti sulla strada per raggiungere del proprio obiettivo. Le Cunff chiamano questi momenti “finestre magiche: quei periodi di flusso creativo che spesso si verificano quando siamo immersi in attività che catturano la nostra piena attenzione, quando trascorriamo del tempo con i propri cari o quando siamo impegnati nell’autoriflessione”. Un libro da far rientrare nella serie managing yourself.

Infine, anche il libro di Dan Heath suggerisce di concentrarsi su sé stessi per essere efficaci nel lavoro. Il suggerimento è semplice: evitare di ripetere nella propria esperienza lavorativa metodi che si sono rivelati infruttuosi o dispersivi; anche perché è un attimo perdere fiducia in se stessi; il “Non ho fatto progressi” può facilmente trasformarsi in “Non sono in grado di fare progressi”.

Per combattere queste possibili situazioni, l’autore suggerisce di trovare punti di leva, “interventi nei quali un po’ di sforzo produce ritorni apparentemente sproporzionati”. E su questi interventi che è necessario rimettere insieme risorse come tempo, denaro ed energia e concentrarle al fine di raccogliere al più presto i ricordati ritorni.

In Reset l’indagine condotta ci aiuta ad applicare ciò che la scienza sostiene da tempo: non abbiamo bisogno tanto di riconfigurare, aggiornare e ottimizzare costantemente noi stessi quanto quello di andare a vedere ed analizzare il lavoro che si deve svolgere. È da questi approfondimenti che si può migliorare, fra l’altro trovando al lavoro i suoi giusti spazi.

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