Se si legge ciò che Peter Drucker scriveva sulla concorrenza cinquant’anni fa, ci si accorge che la concorrenza basata sul prezzo era la strategia dominante. Drucker non era solo e il suo pensiero dominava tra tutti gli studiosi di quel tempo. Questa concezione di concorrenza iniziò a subire una metamorfosi quando nel 1979 Michael Porter ha individuato quattro ulteriori forze competitive nel suo celeberrimo articolo apparso su Harvard Business Review dal titolo “How Competitive Forces Shape Strategy“. In questo articolo, Porter presentò un’idea illuminante: la concorrenza allargata. Secondo questa idea, il livello di competitività in un settore, oltre alla concorrenza sui prezzi tra le imprese del settore, dipende da quanto siano minacciosi i prodotti sostitutivi e i nuovi entranti e dal potere contrattuale di fornitori e clienti. Quando queste forze sono deboli, molte aziende di quel settore possono essere profittevoli. Quando invece queste forze sono forti, quasi nessuna azienda ottiene un interessante ritorno sull’investimento. La strategia per Porter consiste quindi nell’individuare la migliore posizione dell’azienda rispetto non solo alle pressioni sui prezzi dei rivali, ma a tutte le forze dell’ambiente competitivo.

È interessante però notare che in quell’articolo Porter non diede una sua precisa definizione di strategia. Lo fece ben 17 anni dopo con la pubblicazione sempre sulle pagine di Harvard Business Review di un articolo dal titolo “What is strategy“. In questo contributo, Porter si opponeva a uno stuolo di punti di vista che stavano emergendo in quegli anni. In particolare, contestava l’opinione che la strategia fosse una questione di:

• Ricerca di un’unica posizione competitiva ideale in un settore

• Benchmarking e adozione delle migliori pratiche (in contrasto con Tom Peters che nel 1982 aveva pubblicato “In search of Excellence“)

• Outsourcing aggressivo e partnership per migliorare l’efficienza (forse un riferimento a “The Origin of Strategy“, pubblicato nel 1989 dal nonno della consulenza strategica, il fondatore di BCG Bruce Henderson).

• Focalizzazione su pochi fattori chiave di successo, risorse critiche e competenze chiave (forse un riferimento all’articolo di C.K. Prahalad e Gary Hamel del 1990, “The Core Competence of the Corporation“).

• Risposta rapida ai cambiamenti della concorrenza e del mercato in continua evoluzione (forse un riferimento all’articolo del 1995 di Rita McGrath e Ian McMillan sulla strategia di innovazione “Discovery Driven Planning“).

A un primo livello, per Porter tutte le strategie si riducono a due opzioni molto ampie: fare quello che fanno tutti gli altri ma a un costo più basso (strategia di costo), o fare qualcosa che nessun altro può fare (strategia di differenziazione). Sebbene entrambi gli approcci possano avere successo, i due non sono per Porter economicamente equivalenti. Competere facendo ciò che fanno tutti gli altri implica una competizione basata sul prezzo. Ma questo nel lungo periodo riduce solo la torta poiché, nella corsa verso il basso, la redditività diminuisce per l’intero settore. In alternativa, si potrebbe espandere la torta tracciando una posizione sostenibile basata su un vantaggio unico che si crea con un insieme di attività intelligenti, complesse e interdipendenti che rendono difficilmente imitabile il modello di business. Dalla pubblicazione di What is Strategy, sono stati molti altri gli articoli pubblicati sulla strategia e si potrebbe forse utilmente dividere il vasto universo delle successive idee di strategia in tre ambiti:

Fare qualcosa di nuovo

In quest’ambito si rintraccia il lavoro di Chan Kim e Renée Mauborgne sulla ricerca o la creazione di nuovi mercati incontrastati, articolato per la prima volta nel 1999 in “Creating New Market Space“, e ulteriormente approfondito nel 2004 nell’ormai classico “Blue Ocean Strategy“, così come i lavori del 2007 di Alvin Roth su “The Art of Designing Markets” e di Clayton Christensen, Henning Kagermann e Mark Johnson “Reinventing Your Business Model”.

Svilupparsi partendo da ciò che si fa già bene

In quest’ambito possono essere ricompresi “Finding Your Next Core Business” e “Growth Outside the Core“, entrambi a firma di Chris Zook. In quest’ambito ci sono anche i tanti articoli sulle risposte competitive, tra cui “Hardball: Five Killer Strategies for Trouncing the Competition” di Rob Lachenauer e George Stalk e “Curveball: Strategies to Fool the Competition“. In quest’ambito possono essere ricompresi anche i contributi su come difendersi dai disrupters, come “The Empire Strikes Back: Counterrevolutionary Strategies for Industry Leaders” di Richard D’Aveni e “Surviving Disruption“, in cui Clayton Christensen e Max Wessel, partendo dal concetto di extendable core, propongono agli incumbents un approccio per valutare quanto effettivamente pericolosa possa essere una disruption per il proprio business.

Reagire opportunisticamente alle possibilità emergenti

Si è tentati di pensare che il terzo ambito sia il più recente. Ma in realtà il lavoro di McGrath e McMillan sulla pianificazione guidata dalla scoperta è stato introdotto per la prima volta 25 anni fa, e questo ambito include altri classici tra cui “Strategy as a portfolio of Real Options” di Tim Luehrman e “Judo Strategy” di David Yoffie e Michael Cusomano. Include anche il più recente “Stop Making Plans: Start Making Decisions” di Michael Mankins e Richard Steel. E infine include vari approcci alla gestione di aziende affermate come se fossero start-up, come “Why the Lean Start-Up Changes Everything” di Steven Blank.

Fonte: What is Strategy, Again?, Andrea Ovans, Harvard Business Review, May, 2015

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