Il dilemma del “capitalista” è da sempre, ma oggi più che mai, del tipo: crescere continuando a fare ciò che già si fa o investire in innovazione di prodotto e di processo? Lanciare nuovi prodotti per gli attuali mercati, cercare nuovi mercati per gli attuali prodotti, effettuare in modo diverso o con tecnologie nuove i processi sia della “value stream” che di tutti gli altri processi, anche quelli di supporto.
Decidere quanto destinare dell’”investment pool” inserito in un budget degli investimenti in innovazione non è banale. Si deve prima scontare una distinzione: alcuni investimenti sono Capex e altri sono Stratex. I primi sono investimenti di base che si devono effettuare se si vuole continuare ad essere in determinati Business. Ne sono un esempio le spese di manutenzione straordinaria, ma anche spesso quelle ordinarie. Possono avere la loro criticità. A Gardaland, ad esempio, il processo di manutenzione, volto a garantire la sicurezza dei giochi nel Parco, ha una valenza strategica assoluta. Le seconde, va precisato, sono di due tipi: stratex per far crescere l’attuale Business, come si verifica con il portafoglio prodotti attuale con l’ingresso in nuove aree geografiche; stratex che invece servono per effettuare investimenti in innovazione. Certo, determinare quanto investire in questa ultima tipologia di investimenti non può racchiudersi in una percentuale o in una formula. In primo luogo sul piano eco-fin si tratta di formulare un’ipotesi di pacchetto di progetti di investimento e valutare se è finanziariamente “sostenibile”. Nel caso in cui la cifra fosse troppo alta ci si trova ad un bivio: scartare uno o più progetti di investimento in innovazione o aumentare il proprio indebitamento verso terzi. Questa delicata scelta dipende dalle strategie dell’impresa e dagli importi in valore assoluto dei singoli progetti di investimento. La risposta secondo Clay Christensen è semplice soprattutto se in impresa in sede di valutazione ci si chiede: a quali risultati vado incontro se in generale non investo e, in particolare, se non investo in questi progetti di innovazione? Così, come ci indica anche Christensen con questa sua affermazione, la dimensione finanziaria non è l’unica da considerare. D’altra parte effettuare attendibili proiezioni eco-fin per i progetti di innovazione è spesso davvero problematico. Bisogna fare diverse “assumption” ed esplicitarle, utilizzando frasi di questo tipo “le proiezioni eco-fin di questo progetto sono plausibili solo se si verificheranno questi fenomeni”. È quindi più che mai fondamentale affiancare alla tradizionale valutazione, anche quella che mira ad apprezzare la valenza in termini di impatto sul “posizionamento strategico” prospettico delle Innovation Stratex Expenses (ISE).
È un vecchio tema che, sono stato più volte chiamato a riprendere. Dal lontano 1993, quando ho scritto la prefazione e curato l’edizione italiana del volume di Bierman e Smidt (Capital Budgeting Tecniche Nuove) ne ho più volte sottolineata la rilevanza. Non si realizza quell’auspicata Innovation explosion suggerita da James Brian Quinn (1997), se non si coglie in modo sistematico il profondo ruolo strategico dell’innovazione. Quindi è opportuno valutare i singoli progetti di innovazione anche in termini di Interesse strategico o attrattività. Una delle prime check list messe a punto per questa valutazione è quella che a fine anni ’80 suggerii di adottare in Telespazio (vedi tabella 1), società che nel tempo è passata da essere partecipazione Stet (holding delle partecipazioni statali per il settore delle Telecomunicazioni) all’attuale appartenenza al Gruppo Leonardo. Come si può notare, si tratta di osservare l’elenco di motivazioni strategiche che renderebbero attrattivo il progetto di investimento e giungere a sintetizzare con un numero quanto il progetto abbia una valenza strategica per l’impresa. Il numero che si suggerisce di calcolare nell’esempio va da 1 a 10 ed è la somma dei valori medi ponderati che si ottengono nell’ultima colonna. Per ottenere i valori medi ponderati che andranno a sommarsi, per raggiungere un totale massimo di 10 (punteggio che corrisponde ad un elevatissimo interesse strategico del. Progetto), si tratta di moltiplicare la criticità percepita delle singole variabili per il peso che si ritiene queste abbiano nel momento storico in cui l’impresa si trova ad effettuare l’investimento oggetto di valutazione. La check list ha la grande funzione di aiutare a memorizzare le variabili strategiche da considerare ed aiuta a non trascurare situazioni che meritano attenzione.
Incrociando questa valutazione con l’apprezzamento della convenienza economica dei singoli progetti si potrà procedere ad una loro valutazione anche visiva. In particolare quelli che cadono in alto a destra nella matrice sono quelli che sicuramente, per la doppia valenza positiva, si debbono fare. In basso a destra ci sono i progetti di dubbio o assai contenuto interesse. Sono invece progetti su cui concentrare le valutazioni quelli in altro a sinistra, quelli che senza apprezzamento del loro portato strategico si rischia di cancellare, data la loro apparente e calcolata contenuta redditività.
Questi sono solo degli strumenti, ma il dilemma per un imprenditore-capitano di industria resta: investo o non investo, e se investo mi fermo alle capex o mi spingo oltre le stratex per effettuare significative Innovation strategy expenses? Per ripensare ad alcune di queste riflessioni e aggiungerci nuovi spunti di rielaborazione, nel tentativo di dare una prima risposta, si suggerisce di seguire quest’intervista di Adi Ignatius (Principal editore di HBR) a Clay Christensen. È un po’ impegnativa in termini di durata (1:01:59), ma ne vale la pena. Ci aspettiamo vostre indicazioni di interesse sull’argomento. Qualora ci fossero potremmo realizzare un webinar ad hoc.
Bibliografia
Alberto Bubbio, Come valutare gli investimenti in Asset Strategici, Amministrazione & Finanza
Alberto Bubbio, Controllo di gestione e innovazione, Controllo di gestione
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