Un recente progetto professionale mi ha fatto ritornare in mente quanto sia delicata la strategy execution, una delle fasi che caratterizzano il processo di gestione strategica (Strategy process) di un’impresa. In particolare il configurarsi di alcune variabili ne possono accentuare le criticità. Si pensi ad esempio a realtà nelle quali la cultura del risultato annuale e i meccanismi operativi esclusivamente orientati al breve (ad esempio l’utilizzo esclusivo del budget e con un reward systems strettamente collegato ai risultati effettivi verso quelli di budget) siano consolidati da più anni. In questi casi cambiare orientamento per portarlo sul lungo termine è impegnativo e può richiedere tempo. Pertanto si avrà la tendenza, almeno nel primo anno del cambiamento, a privilegiare il breve a sfavore del medio-lungo termine. Bisogna esserne consapevoli.
In effetti la Strategy execution anche nella letteratura di management si sta rivelando una fase nella quale si commettono più “errori” di quanto si potesse pensare. I parziali fallimenti dell’approccio strutturato alla pianificazione, che con anticipo ha la presunzione di definire nel dettaglio “le cosa da fare” per dare attuazione alla strategia, hanno spinto a ricercare approcci più flessibili come il contingency plan, il discovery driven plan e la Balanced Scorecard. Ma più in generale si possono evidenziare altri accorgimenti per tentare di far diventare un’organizzazione “resiliente”. Tra gli articoli apparsi negli ultimi anni sulla strategy execution quello di Martin Reeves, i cui innumerevoli contributi ricordano quello che fu il geniale Bruce Henderson, uno dei fondatori nel 1963 del Bcg, ci regala alcuni suggerimenti interessanti. Nel suo articolo, scritto con R. Charme de Carlo, dal titolo: “Your Strategy Has to Be Flexible — But So Does Your Execution” (Hbr,November 14, 2017) ne elenca 8:
1. Losing the plot: Perdere la trama. I piani d’azione e i diagrammi di Gantt possono estendersi su molte pagine alla ricerca di precisione e concretezza. Ma un’eccessiva complessità può minare l’esecuzione ponderata tanto quanto l’incapacità di specificare le tattiche. Nel peggiore dei casi, l’impegno può diventare un obiettivo implicito o una norma culturale e l’intento strategico originale può perdersi in una frenesia di dettagli e attività. L’esecuzione deve essere focalizzata in modo approfondito sugli aspetti più critici di una sfida o su quelli che sbloccano altre azioni critiche. Ad esempio, se l’espansione della categoria è fondamentale per la creazione di valore in una particolare strategia, i piani dovrebbero concentrarsi in modo sproporzionato su come raggiungere questo obiettivo. Ad esempio, l’ex presidente di Mars, Paul Michaels, condivide in Your Strategy Needs a Strategy questa riflessione: “Il compito della strategia per un leader in un segmento come siamo noi è guidare la crescita; questa è la cosa a cui si dovrebbe pensare tutto il tempo”.
2. Metric obsession: ossessione per la metrica. L’esortazione di Drucker, “Ciò che viene misurato viene gestito” viene spesso invocata quando ci si avvicina all’esecuzione. Nel senso che i risultati contano, e la loro quantificazione è auspicabile. Questo sembra inconfutabile. Ma il modo peggiore per raggiungere un obiettivo a volte può essere perseguirlo direttamente. Ad esempio, i nuovi farmaci non vengono scoperti perseguendo un numero target di nuovi farmaci, ma piuttosto esplorando nuove aree della chimica e della biologia. Sarebbe anche un errore limitarci a gestire ciò che possiamo facilmente misurare. Pochi negherebbero l’importanza della cultura aziendale, anche se non è facilmente quantificabile. Così come non è facilmente misurabile la Reputazione anche se strategicamente può risultare rilevante.
3. Planning Myopia: pianificare con miopia. Enfatizzare il rispetto di un piano può, in condizioni stabili, accelerare la realizzazione di una strategia. Ma un piano rigido, nelle mutevoli condizioni di un’industria nascente o di un business avviato da poco, può diventare una camicia di forza per la flessibilità e l’adattamento necessari per avere successo. Per fare un esempio storico, le economie pianificate centralmente nella zona orientale del mondo non hanno lasciato spazio per un adattamento anche ai tipi più semplici di cambiamento, come la variazione della domanda. Ciò ha inevitabilmente creato carenze e un eccesso di offerta di merci.
4. Missed learning opportunities: Perdere occasioni di apprendimento. Il valore dell’esecuzione può, nei casi più semplici, essere ridotto al completamento con successo di compiti specifici. Ma dove è coinvolto un alto grado di incertezza e cambiamento, il valore può invece risiedere nell’apprendimento che accompagna l’esecuzione, indipendentemente dal fatto che il risultato immediato sia caratterizzato o meno da successo. Un famoso esempio, ci ricorda Reeves, è YouTube, nato come sito di incontri video nel 2005. Il sito non è riuscito a guadagnare terreno, quindi i fondatori, sfruttando ciò che hanno appreso durante la costruzione della piattaforma originale, hanno lanciato un’altra versione del sito Web incentrata sulla condivisione di video online, con molto più successo.
5. Tyranny of intermediate goals: Tirannia degli obiettivi intermedi. Quando gli obiettivi e le attività vengono suddivisi più volte in quelli di livello inferiore, questo può chiarire ciò che è richiesto a un individuo o a un dipartimento e può quindi aiutare ad indirizzare il lavoro di esecuzione. Ma spesso l’obiettivo o il compito intermedio possono diventare fini a sé stessi o addirittura portare a comportamenti indesiderati: di successo nel breve ma con impatti negativi nel medio-lungo termine.
6. Missing the forest for the tree: Non si vede la foresta per osservare i singoli alberi. I piani strategici sono spesso suddivisi in diversi moduli per l’esecuzione da parte di diverse parti di un’organizzazione. Eppure a volte l’ottimizzazione delle parti non porta all’ottimizzazione del tutto. Purtroppo il rischio di non capire come funziona un’impresa nel suo complesso è elevato se si osservano isolatamente le singole parti della struttura organizzativa.
7. Execution is a thing: L’esecuzione come parte di un processo. Spesso trattiamo la formulazione della strategia e l’esecuzione come discipline separate, ciascuna con il proprio carattere distintivo. Ma come è stato mostrato anche in “Your Strategy Needs a Strategy”, diversi ambienti strategici richiedono approcci diversi alla strategia all’esecuzione come parte del processo di gestione strategica.
8. Tyranny of practicality: Tirannia della pratica. Quante volte ci sentiamo dire “ma noi abbiamo fatto sempre così” o nel “nostro business quella che conta è sempre stato solo questo fattore”. Così ad esempio nel caso delle imprese di materiali fotografici sia Kodak che Polaroid hanno sempre pensato che la gente volesse stampare le foto, mentre il digitale ha cancellato le pellicole e con le sue opportunità di “archiviazione” ha spazzato via l’idea di stampare le foto: è per questo che le due aziende ricordate sono state spazzate via.
Ebbene, a rinforzo di questi suggerimenti, è da interpretare anche la frase di Peter Drucker che dopo aver sottolineato l’importanza della pianificazione ne ricorda il carattere di operatività affermando “Plans are only good intentions unless they immediately degenerate into hard work.” (trad. “il piano sono solo buone intenzioni, a meno che non degenerino sin da subito in duro lavoro”). Frase questa riportata dallo stesso Reeves per enfatizzare le differenze che esistono tra definire “cosa è necessario fare per dare attuazione alla strategia” e poi darne nel concreto reale attuazione. Ci può essere allineamento, ma oggi è sempre più probabile che l’esecuzione più opportuna sia diversa da quella pianificata. Certe volte, come suggerisce Reeves stesso, più che la strategia è “l’esecuzione che ha bisogno di una strategia”: quella di essere flessibile.
Resta aggiornato con i nostri contenuti attraverso la nostra newsletter.
Scopri Manage-Mind: i migliori contenuti di management sempre a portata di clic
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.