Non sarà certo un libro a cambiare la storia, ma parlare di mafia e delle diverse azioni che si intraprendono per cercare di sconfiggerla al fine di azzerarla è sicuramente utile. Soprattutto quando poi si scrive di management. E così è, quando a parlarne è un docente di management come Marella Caramazza. Nella sua doppia veste, Direttore dell’Osservatorio Imprese Management e Legalità e direttore della Fondazione Istud, l’autrice suggerisce nel suo “Le aziende confiscate alla mafia” (Guerini Next, Milano 2014), alcune soluzioni per tentare di dare continuità a queste aziende, che solitamente rischiano di fallire. Il turnaround può caratterizzarsi, secondo l’autrice, in quattro fasi. La prima, quella di selettiva, è quella di valutazione del posizionamento strategico dell’impresa; verificato che questa abbia un mercato, la fase due consiste nella messa a punto di un nuovo modello di business e uno stakeholders engagement. La tersa fase è la creazione delle condizioni organizzative per ripartire e la creazione di consenso intorno a questo progetto. La quarta, con rigore, deve verificare le performance dell’azienda e decidere se i risultati sono tali da consentirne la continuità nel tempo.
Il rilancio di queste aziende confiscate è un’azione costruttiva, con un valore simbolico e sociale rilevante: è una sorta di seconda vittoria sulla mafia e questa volta è una vittoria economica.
Indice dei contenuti:
Capitolo 1 – Il riutilizzo dei patrimoni confiscati: un tema dibattuto
Capitolo 2 – Le aziende prima del sequestro: capacità competitiva in bilico
Capitolo 3 – La consistenza attuale e lo stato di salute delle aziende confiscate
Capitolo 4 – Invertire la tendenza: continuità o discontinuità nella gestione
Capitolo 5 – Verso una nuova governance: una responsabilità di tutti gli attori in gioco
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